Due viaggiatrici gattofile come noi sono sempre a caccia di curiosità feline dal mondo. Oggi la nostra fantasia a quattro zampe vola in Birmania, paese d’origine (forse) di una delle razze feline più affettuose e socievoli e sede di un monastero che è diventato famoso grazie ai gatti che vivono al suo interno.
Anche se non possiamo scientificamente dimostrare che il gatto sacro di Birmania sia effettivamente originario della Birmania, a noi piace pensare che questo micio bellissimo e giocherellone venga da lontano e porti ancora nei suoi geni tracce di una cultura affascinante e bizzarra.
La leggenda del gatto sacro di Birmania
Le origini del gatto sacro di Birmania sono avvolte nella leggenda. È una di quelle storie poetiche che a noi piacciono tanto e che non vediamo l’ora di raccontarvi.
Secondo la leggenda nell’antica Birmania sorgeva un tempio dedicato alla dea protettrice delle anime durante la trasmigrazione, Tsun-Kya-Kse. Nel monastero vivevano i monaci Kittah, guidati dal vecchio e saggio Mun-ha, e una colonia felina di 100 gatti bianchi dagli occhi color oro. Uno di loro era il preferito di Mun-ha, che lo chiamò Sinh.
Un giorno il monastero venne attaccato da una banda di briganti. In quel momento Mun-ha stava meditando davanti a una statua d’oro della dea Tsun-Kya-Kse e, accortosi dei briganti, tentò di difendere la statua da un furto pressoché certo, ma venne ucciso.
Il gatto Sinh saltò sul corpo senza vita dell’amato monaco e guardò intensamente gli occhi della statua. In quel momento avvenne una miracolosa trasformazione: il mantello di Sinh assunse sfumature dorate, gli occhi divennero dello stesso colore blu zaffiro della statua e zampe, coda e orecchie diventarono dello stesso colore della terra. L’unico punto del corpo del gatto a non cambiare colore furono le estremità delle zampe, a contatto con il corpo del monaco.
Nell’assistere a tale miracolo i briganti si spaventarono e abbandonarono il tempio in fretta e furia, mentre Sinh rimase a vegliare il corpo di Mun-ha per giorni, senza mangiare, dopodiché morì di dolore e stenti.
Nell’istante in cui Sinh morì, la stessa trasformazione che aveva mutato i colori del suo corpo avvenne in tutti gli altri gatti del monastero. Era nata la razza del gatto sacro di Birmania.
Decisamente meno affascinante è la versione storica più accreditata, secondo cui il gatto birmano è nato da un incrocio (voluto o fortuito) tra un gatto di razza siamese e uno di razza persiana, avvenuto in Francia nel 1924.
Il “monastero dei gatti che saltano”
L’attrazione a tema felino più nota della Birmania è il monastero Nga Phe Chaung, famoso con il nome di Jumping Cat Monastery (monastero dei gatti che saltano).
È un monastero che sorge sulle rive del lago Inle, nelle montagne dello Stato Shan in Birmania. Tappa imperdibile di ogni tour della Birmania, è il secondo lago più grande del paese ed è molto amato dai turisti per il suggestivo paesaggio, i villaggi sulle palafitte e i mercatini. Il modo migliore per esplorarlo è una bella gita in barca.
Il monastero Nga Phe Chaung fu costruito intorno al 1850 ed è ancora oggi interamente in legno, una versione in grande e più sfarzosa (pur trattandosi di una costruzione umile rispetto alle opulente cattedrali europee) delle palafitte locali.
Merita decisamente una visita, sia per la sua scenografica posizione in riva al lago sia per l’impressionante collezione di immagini del Buddha in stile Shan, Tibetan, Bagan e Inwa. I piedistalli e e teche che contengono le immagini sacre sono anch’esse delle opere d’arte e molte di esse risalgono a oltre cent’anni fa.
Il motivo principale per cui i turisti vogliono vedere il monastero Nga Phe Chaung, però, non è nè la bellezza di questa costruzione sull’acqua né la ricchezza della sua collezione d’arte bensì la fama dei gatti che hanno fatto del monastero la loro dimora.
Si racconta che in passato il monaco principale del monastero addestrò i gatti a saltare attraverso cerchi di legno, ecco perché Nga Phe Chaung viene chiamato il monastero dei gatti che saltano. Questa bizzarra usanza non venne mantenuta dal suo successore e oggi i gatti sono più propensi a esibirsi in sbadigli e stiracchiamenti che in spettacolari acrobazie.
A noi la chiusura di questa “scuola circense felina” non dispiace, perché anche se non immaginiamo che un monaco possa trattare male degli animali, non amiamo l’idea di gatti acrobati. Ci piace invece molto l’idea di poter passeggiare tra le stanze sacre di un monastero in riva al lago pieno di mici.
La razza gatto birmano
Dopo avervi raccontato le leggende sul gatto birmano vi lasciamo con un video che spiega in maniera scientifica le caratteristiche di questa pelosissima razza felina. Miao!
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